La guerra dei dazi e l’impatto sui mercati globali
Il 2 aprile, il presidente degli Stati Uniti ha ufficializzato un cambiamento drastico nella politica commerciale americana, ridefinendo le condizioni di accesso al più grande mercato del mondo e mettendo in discussione l’equilibrio del sistema multilaterale costruito dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Le misure includono un dazio minimo del 10% su tutte le importazioni a partire dal 5 aprile, accompagnato da tariffe aggiuntive per paese che raggiungono livelli compresi tra il 20% e il 54% per partner chiave come l’Unione Europea, il Giappone, l’India o la Cina. Solo Canada, Messico e Regno Unito sono temporaneamente esentati da questo secondo livello di dazi.
I mercati hanno reagito immediatamente. I listini azionari globali registrano una forte correzione, con cali significativi nelle aziende esposte a catene di fornitura globali e nei settori ad alta intensità commerciale come semiconduttori, industria e beni di consumo discrezionali. Nel frattempo, l’oro ha raggiunto nuovi massimi storici e i prezzi dei titoli di Stato statunitensi sono aumentati, segnale chiaro di una corsa ai beni rifugio. Si sono verificati anche movimenti valutari, con un rafforzamento dello yen e un indebolimento del dollaro rispetto all’euro, in un contesto di riposizionamento tattico.
Oltre alla reazione immediata, è fondamentale capire come queste misure possano influenzare l’economia reale.
L’introduzione di dazi di questa portata equivale, in pratica, a un’imposta indiretta sul consumo: rende più costosi i beni importati, riduce il potere d’acquisto delle famiglie e aumenta i costi di produzione per le imprese. L’effetto combinato tende a essere una minore domanda aggregata — in particolare nei consumi privati — e un aumento dei prezzi, alimentando sia il rischio di rallentamento economico che le pressioni inflazionistiche.
Questo contesto misto alimenta la probabilità di uno scenario di “stagflazione”: un’economia con bassa crescita e prezzi persistentemente elevati.
Diversi istituti finanziari hanno già rivisto al rialzo le previsioni di inflazione, mentre gli indicatori dei consumi iniziano a mostrare segni di stanchezza.
Detto ciò, non si tratta di un esito inevitabile. Il vero impatto macroeconomico dipenderà dalla durata di queste tariffe. Se dovessero consolidarsi e restare in vigore senza modifiche — per non parlare di possibili ritorsioni da parte dei partner commerciali —, il danno sarebbe più profondo e duraturo. Tuttavia, se, come prevedono alcuni analisti, l’annuncio rappresenta l’inizio di una trattativa bilaterale che porti a una progressiva riduzione, gli effetti negativi potrebbero essere contenuti e reversibili nel tempo.
In ogni caso, il profilo di rischio per l’economia globale e i mercati è cambiato in modo significativo. La portata delle misure, la loro applicazione immediata e la possibilità di reazioni a catena aumentano il grado di incertezza strutturale. Ignorarla o sottovalutarla sarebbe un errore.
Tuttavia, è importante contestualizzare questa mossa all’interno di una strategia più ampia. Non crediamo che l’obiettivo di Donald Trump sia provocare una recessione negli Stati Uniti, un’eventualità contraria ai suoi interessi politici. La struttura del pacchetto suggerisce l’intenzione di forzare una rinegoziazione dell’ordine commerciale globale. Alcuni Paesi, come Israele, hanno già risposto con una riduzione unilaterale dei dazi, aprendo la porta a una possibile fase di negoziati bilaterali che possa attenuare le tensioni.
Questo sarebbe lo scenario più costruttivo: i dazi come leva negoziale per ottenere nuovi equilibri commerciali senza distruggere del tutto il sistema.
Non è un contesto privo di rischi, ma evita una guerra commerciale su larga scala e consente una riorganizzazione ordinata delle catene di approvvigionamento globali. Nel breve termine, tuttavia, predominano l’incertezza e la necessità di maggiore visibilità.
Per questo, vogliamo lanciare un messaggio chiaro: è il momento di rafforzare l’analisi, non di agire d’impulso.
Evitare decisioni emotive in momenti di alta volatilità è essenziale per preservare il capitale e cogliere opportunità. La gestione del rischio è la prima linea di difesa, ma anche la migliore via per individuare asset interessanti in questa nuova fase.
Resteremo vigili. Aggiorneremo gli scenari, adatteremo le raccomandazioni e, soprattutto, accompagneremo i nostri clienti con criterio professionale. La storia insegna che i cambiamenti di regime generano instabilità, ma anche opportunità per chi sa interpretarli con lungimiranza.